Tra tutte le confraternite, le gilde, i circoli e le società che operano nell’ombra delle cittadelle ventose, una delle più famose è senza dubbio la temuta Setta di Giada o Setta del Sestante di Giada.
Ci si potrebbe stupire del fatto che il Sestante di Giada non abbia un gran maestro conosciuto e che i suoi obiettivi dichiarati non comportino la manipolazione delle folle ignare. Per certi versi, della setta sembra avere solo il nome.
Per capire le origini di questa misteriosa organizzazione dobbiamo risalire fino circa all’anno -924, probabilmente nella Kunzite occidentale, sotto la dinastia Kayyam. A quel tempo, i sovrani geografi avevano una notevole influenza su tutte le istituzioni scientifiche della regione: dirigevano tutte le cittadelle-accademia del Delta del Loo e alcuni di loro prestavano servizio persino oltre il Traverso. L’Accademia di Pyxis, ad esempio, divenne il più grande centro di astronomia ventosa sotto il regno di Carina Kayyam II.
Questa sovrana, che governò il suo impero con un pugno di ferro per ben 68 anni, aveva fondato diverse organizzazioni scientifiche nel corso della sua vita. L’Accademia di Pyxis, non lontana dalla frontiera; ma anche la Biblioteca Anassagora, il Circolo Chimerico Imperiale e la Setta di Giada, che all’inizio prese il nome di Congrega del Sestante.
Fu l’imperatrice stessa a dotare la Congrega del suo motto: La Regola e la Bussola (che alcuni scrivono in questo modo: la regola è la bussola. La setta non si è mai presa la briga di dirimere la questione, derivata dalla difficoltà di tradurre il Kunzitano classico).
Ben presto la Congrega del Sestante fu esportata in terre ventose: l’impero kunzita si stava già sgretolando sotto centinaia di istituzioni ed era difficile per la setta ritagliarsi un posto in quel panorama politico. Inoltre, Carina Kayyam III aveva rivolto il proprio sguardo verso l’Occidente e il Sud. Dopo aver costituito l’Accademia di Pyxis, l’imperatrice incoraggiò l’insediamento della Congrega ai confini dell’impero per solidificare l’influenza dei sovrani geografi.
L’impero dei Kayyam crollò infine quattro decenni dopo, con la rivolta dei Fiamminghi Neri. Ma la Congrega, che aveva lavorato per sviluppare la propria indipendenza dal potere sovrano, sfuggì allo smantellamento del governo kunzita.
Colei che guidava la Congrega al tempo si chiamava Saffo dell’Ariete. È certamente un nome di fantasia, ma è sotto la sua amministrazione che la Congrega divenne un gruppo scientifico senza alcun riconoscimento giuridico. Da qui si perde traccia dell’organizzazione per diversi secoli, anche se il Sestante di Giada appare in alcuni testi di urbanistica trovati nell’area della Baia del Favonio.
È solo con il drammatico episodio del ponte di Val d’Avallo che il grande pubblico ha ripreso contatto con quella che i suoi membri chiamano la Setta di Giada.
Il diciottesimo giorno di Ursa Major, la città di Val d’Avallo inaugura un enorme ponte sospeso commissionato all’Accademia di Architettura e Urbanistica. Le folle accorrono alla struttura per ammirare le gole della Val d’Avallo. Improvvisamente, verso le quattro del pomeriggio, si verifica un’enorme esplosione sulle corde di platino che tengono il ponte. In un batter d’occhio, un fuoco blu-verde si diffonde sul metallo, consumando all’istante i cavi e facendo precipitare l’intera struttura nella gola. Nell’attentato sono morte 94 persone, tra cui l’architetto Miscea Vassilief, l’organista Evangelis Breva-Montaigne e l’amministratore delegato della Ponti e Passerelle Associati, Jérémiah Séchard.
L’indagine ha portato rapidamente all’ipotesi di un sabotaggio e di un attentato terroristico, anche se l’origine del fuoco verdastro rimane inspiegata. Il giorno successivo, un comunicato è stato affisso all’Accademia di Architettura e Urbanistica e pubblicato su vari quotidiani ventosi, tra cui Il Semaforo, il Gazzettino Ventoso di Eskir e il Bollettino ufficiale di Sterne&Manson. Tutti i redattori riferiscono di aver ricevuto una busta verde contenente soltanto il comunicato e una manciata di cenere.
Il comunicato, firmato “La Setta del Sestante di Giada”, rivendicava l’attentato in Val d’Avallo contro “la ridicola dimostrazione di negligenza dell’Accademia (…)”. “Coloro che si credono ancora protetti dal dogmatismo cadaverico di una scienza nata morta impareranno che il Mondo non si lascerà smembrare. Il Mondo è più grande e più potente di qualche cordone rosso. [I grandi direttori delle accademie ventose si distinguono per il cordone scarlatto della loro cintura, NDT] (…) Tremate, voi che cercate d’impagliare la bellezza della scienza nella polvere dei vostri anfiteatri! Sappiate che un giorno questa scienza si rivolterà e vi farà sprofondare nell’Abisso che vi spetta!”
Ufficialmente è stato impossibile attribuire davvero la responsabilità dell’attacco alla Setta di Giada, ma molte personalità ne hanno sostenuto la colpevolezza. Il Parlamento dei Grandi Baroni ha proposto una caccia ai membri della setta, ma questa mozione è stata respinta con 85 voti contrari e 72 favorevoli. Le baronie di Eskir, in particolare, si sono opposte alla caccia alle streghe, “per preservare il santuario che devono essere i luoghi del sapere”.
La stampa satirica ha riferito che le accademie di Eskir tremavano soprattutto per paura di un’altra invasione da parte dei baroni.
Ad oggi, sebbene nessun altro attentato di rilievo sia stato provocato o rivendicato dalla Setta di Giada, i circoli che promuovono la linea razionale dell’Accademia a volte temono di scoprirsi bersaglio dei misteriosi giadisti. In particolare, i circuiti postali sono noti per essere uno dei loro bersagli preferiti, e alcune sparizioni, come quella del chimico inorganico Ugo Mendeleiv, sono attribuite a loro pur senza mai essere state investigate.
Hermeline da Favonio, Topografia del contro-potere nelle regioni ventose. Collezione “Specchi infranti”, Studio Lavoisier, 2a edizione. (prefazione di Calacas da Zion)