La Dinastia della Tempesta

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[…] Quasi cinquecento anni fa, i Figli della Tempesta calarono come un tornado sulle zone immote. Questa tribù poco conosciuta si era insediata nei pressi dei laghi sulfurei dove aveva lentamente prosperato, al riparo dai conflitti tra le lontane tribù cugine.
Governata da un sistema di fratellanze piuttosto complesso, la tribù della Tempesta non è mai menzionata nelle cronache e nelle testimonianze dell’epoca precedente all’invasione. È probabile che dopo la guerra i suoi dignitari abbiano cancellato ogni traccia della storia passata. Non restarono che i racconti e le leggende che glorificavano conquistatori sovrumani.

La vera ricchezza di questo popolo proveniva dai suoi superbi cavalli-tempesta, i tianma. Queste bestie straordinarie, si dice, erano in grado di volare. “Nati dal latte di una giumenta esposta ai fumi dello zolfo e ai fulmini estivi, i cavalli-tempesta potevano attraversare terra e mare nel loro rapido galoppo senza mai stancarsi. Quando morivano, dopo cento anni, si consumavano e con l’ultimo respiro invocavano la tempesta”.

Se la loro descrizione infiamma la mente dell’artista, lascia assai dubbiosa quella dello scienziato. […]

È un dato di fatto che la Cavalleria dei Figli della Tempesta era notevolmente organizzata ed efficiente. In meno di due generazioni, l’intero centro del bacino dello Zhion (meglio conosciuto come “bacino del fiume Loo”) passò sotto il dominio della tribù. I capi scelsero ovviamente le rive del fiume per installare la propria capitale, la prima nella storia di questo popolo seminomade. Ponkhiraj fu inaugurata sotto una tempesta memorabile, che contribuì a nutrire il mito dei Figli della Tempesta.1

La capitale vide l’avvento di una dinastia che fu annientata in una delle più sanguinose battaglie nelle zone immote dopo soli cinquant’anni di esistenza. Se alcuni lettori possono trovare il termine “dinastia” eccessivo, alla luce della realtà storica, si rassicurino nel considerare che questo termine è solo una trascrizione dei testi dell’epoca. La Dinastia dei Figli della Tempesta fu tanto un grande progetto dei suoi condottieri, quanto un amarissimo fallimento.

Il popolo fu praticamente cancellato dalle mappe e deportato in schiavitù; tutte le tracce della sua cultura furono distrutte dalla coalizione di tribù nemiche. È in questo particolare contesto che la Carovana del Corallo ha cominciato ad accumulare le ricchezze che conosciamo oggi, perlopiù fornendo mercenari all’opposizione2.

Cosa è successo ai Figli della Tempesta e ai loro favolosi destrieri? La minuscola tribù degli Tchal Cinerei, il cui culto per il cavallo è probabilmente il più sviluppato della regione, sostiene che i tianma, i cavalli-tempesta, esistano ancora nei pressi dei laghi sulfurei. Feroci e diffidenti, ancora una volta selvaggi, si lasciano avvicinare solo da trance sciamaniche.
I saggi degli Tchal dicono che una parte della loro iniziazione si svolge – almeno nello spirito – sul dorso di un tianma. Questo è ciò che dà loro, secondo la credenza, la sorprendente capacità di prevedere il tempo con la precisione di un barometro3.

Per l’antropologo che sono, nonostante il carattere evidentemente fantasioso di questi racconti, sembra che i Figli della Tempesta abbiano mantenuto dei degni eredi.


1. Queste informazioni sono arrivate a noi attraverso le storie di altre tribù del bacino del fiume Loo. Mezzo secolo dopo la tempesta, molti villaggi raccontano ancora oggi come il cielo e il fiume si siano fusi sotto il diluvio del vento. L’accademia indipendente di climatologia ha identificato il fenomeno come un caso di tempesta lineare multicellulare di rara violenza.

2. A questo proposito, mi riferisco al lavoro del mio collega geografo Isak di Kermjavik.

3. Io stesso ho potuto osservare tali capacità all’opera e confermo che le previsioni dei saggi degli Tchal sono sempre accurate, puntuali al minuto. Senza strumenti di misura o conoscenze accademiche da parte loro, difficilmente posso spiegare una tale precisione. Ma un cittadino come me non ha mai vissuto davvero in mezzo alle pianure selvagge. Questa tribù trasmette certamente una conoscenza millenaria della lettura e dell’interpretazione dei fenomeni climatici.
Indispensabile, quando si conosce la natura imprevedibile e a volte assassina del clima nel bacino del fiume Loo.

Estratto da “Popoli equestri delle zone immote”, edizioni Prisma, scritto da Guilhem lo Scriba, storico e antropologo.