Il Cafè Manganese


Il Cafè Manganese è una tappa obbligata per qualunque turista dalle zone immote.
Situato nella cittadina ventosa di Val d’Avallo, al posto d’onore della grande piazza del sobborgo di Helix, il cafè accoglie da oltre due secoli baroni e intellettuali di tutto il mondo.

Costruito da Demen Moûsaï, in origine un localino di quartiere, il Cafè Manganese divenne il luogo preferito dell’aristocrazia itinerante grazie al principe alchimista Veneer il Vagabondo. Questo figlio minore delle baronie dell’ozono rese famoso il Cafè sostenendo lì i propri dibattiti di chimica applicata e non mancando mai di invitare i suoi amici e colleghi. Egli soleva affermare:

“La luce pura e morbida che attraversa le sue modeste vetrate, mescolata all’odore della tostatura, pone la mente nella condizione ideale per lo studio e il sogno a occhi aperti. Queste due attività fondamentali per ogni nomade che si rispetti trovano, tra le calde pareti delle stanze tranquille, uno stato di perfetta simbiosi. Non vorrei per niente al mondo trovarmi altrove, né che la mia anima riposasse in un altro luogo”.

Non ci volle molto perché tutti i giovani nobili della regione venissero qui a studiare, sorseggiando caffè frizzanti e fumando foglie di yinxing dorato. Alla clientela si aggiunsero presto gli esploratori e gli alchimisti delle regioni ventose. Sotto le vetrate del Cafè Manganese sono sorti club di viaggiatori e artisti, che a vent’anni dall’apertura del locale lo hanno proclamato “istituzione del Viaggio Immoto”.

Divenuto il punto di ritrovo di tutti gli avventurieri più alla moda, il luogo ha beneficiato del talento dell’architetto e mastro vetraio Poulousin per i lavori di ampliamento su larga scala. È il suo operato che si può vedere oggi negli specchi incisi, nel bar a pistoni e nella terrazza geotermica.

Il menù, però, non è cambiato. Amedea Moûsaï, pronipote di Demen e amministratrice intransigente, vuole mantenere lo spirito del Café Manganese originale:

“Quando i nostri ospiti attraversano quella porta, vogliono condividere con noi un po’ del mito. La nostra vecchia caffettiera di famiglia è oggi solo un pezzo da museo, ma abbiamo cercato di preservare il gusto inimitabile del caffè all’azoto originale che ha costruito la reputazione di questo luogo. La cosa più importante è che qui tutti si sentano a casa. La maggior parte dei nostri clienti sono clienti abituali, ci chiamiamo per nome e alcuni di loro ci portano souvenir dei loro viaggi o ci inviano copie del loro lavoro come farebbero con le famiglie. In effetti, visti tutti i libri che teniamo a disposizione nei salotti, potremmo definirci una biblioteca senza vergogna! [risate]. Ma questa ospitalità va di pari passo con un vero senso del servizio. Il nostro menu è soprattutto gastronomico. La ricetta di famiglia per il cosciotto d’agnello alle prugne o per la torta di pesche nebbiose non è cambiata in duecento anni, ma gli ingredienti sono selezionati tra i migliori fornitori! Vede, è sempre stata una questione di vicinanza”.

Far sentire i clienti privilegiati ma mai rinchiusi in una casta, questa è la sfida tacita per la proprietaria e la sua squadra. Questo “giocare la parte del mito” si ritrova nei gesti rituali delle bariste, nelle porcellane dipinte in celeste e nei legni cerati. Da anni non è più possibile fumare all’interno del caffè, ma le portate vengono sempre servite in cassette da xinying.

Mangiare al Café Manganese è un po’ come visitare un museo mentre si gusta un menu a scelta. I clienti sembrano ritratti esposti con orgoglio dietro a teche decorate: gesti delicati, voci sommesse, grandi giornali e l’odore dell’inchiostro fresco. Il tempo sembra congelato in un ideale di nostalgia sapientemente mantenuto. Deliziosamente antiquato.

Mentre passavo di lì, una coppia di amici stava assaggiando con curiosità un cioccolatino ghiacciato. “Forse avrei dovuto cambiarmi la giacca”, ha suggerito il primo giovane con un forte accento levantino mentre guardava a disagio il quadro del musicista Elbyra Zan, morto 138 anni fa. “Sono una macchia sul dipinto, vero?”

Anche la parte del mito ha i suoi limiti.

Cafè Manganese
2, Piazza Meridiana, Sobborgo di Helix
Val d’Avallo.

Gaspar il Salsiere.
Mille tappe colte e saporite, Edizioni Assenzio Blu.