Trovare ancora luoghi simili nelle regioni ventose è cosa rara. In decenni di viaggi non ho mai visto rovine del genere.
La Selva dei Sussurri è cresciuta intorno alla radura del tempio, finendo per abbracciarla. Così, quando il viaggiatore riesce a superare gli alberi che crescono in questi boschi, più serrati di una palizzata, s’imbatte all’improvviso in una bolla d’aria e d’architettura, come per miracolo. Un miracolo nostalgico e assai misterioso.
Come finii per trovarla? Ormai non lo rammento più. Inseguivo da ore un vecchio cervo striato che si faceva beffa del mio archibugio.
Invece della selvaggina, fu questo tempio che trovai, immerso nella nebbia argentea che si alzava dal muschio umido.
Da allora nulla ha più avuto importanza, se non capire da dove provenissero quei resti e come fossero stati risparmiati dal vento che soffia costantemente su questi boschi.
Che strano silenzio aleggiava sulle pietre sparpagliate! Si udiva appena il canto lontano del vento nei flauti dei tronchi.
È molto difficile capire quale aspetto avesse il tempio al massimo del suo splendore. Le stanze si intrecciano e sovrappongono in apparente anarchia. Non ho alcun indizio per assegnare loro questa o quella funzione precisa, per il momento.
Le sale si distinguono solo per il colore delle loro vetrate istoriate: ovunque, ogni finestra, ogni alcova, ogni arco sembra aver ospitato pannelli di vetro grandi, complessi e sgargianti.
Il vento mi sia testimone, restano solo poche vetrate intatte: le altre giacciono a pezzi per terra. Ma i rosoni sopravvissuti mostrano un forte senso del colore. Cosa significano i simboli che punteggiano queste grandi finestre? Alcune presentano animali serpentini raccolti e allungati, come quella del luogo che abbiamo chiamato “la sala blu”. Giudici addormentati o guardie minacciose, i serpenti osservano tutti i nostri andirivieni. Altrove, strani uccelli abitano le pareti. Piccole nicchie decorate da vasche o gradini ricordano certi templi delle zone immote. Qui si riuniva un culto, sebbene non si sappia di quale oscura divinità. Impossibile datare la costruzione. La regione della Selva dei Sussurri è stata per secoli nelle mani degli urbanisti. È un miracolo che un simile monumento sia sfuggito al loro lavoro.
Qui regna un’indescrivibile sensazione di pienezza mista a dolore. La luce che filtra dai vetri rotti sembra essere più diffusa e più discreta di quella che riempie i boschi circostanti. Cosa ha paura di ferire o risvegliare? Chi si recava qui in cerca di un rifugio colorato eppure così malinconico?
Gli archeologi della regione non trovano un consenso sulla versione ufficiale della storia del Tempio dei Vetri Infranti. Per Quintus d’Ipomos, che ha la fortuna di risiedere non lontano dalla foresta, il tempio non era una struttura religiosa, ma soltanto lo strano villaggio di un popolo dimenticato. Le sue prove sono i resti di mobili, stoviglie e tessuti trovati laggiù. Onestamente, non riesco a crederci. Trovo più plausibile la tesi di Lonora, che non rifiuta per principio l’idea di un’antica religione in una regione ventosa. Anche se Quintus avesse ragione, la scomparsa di una tribù con un tale senso estetico è un enigma. E un vero peccato, se mi è concesso.
Fortunatamente, l’ambiente rende difficile l’esplorazione. Tremo al pensiero di un’orda di professori imbizzarriti e pronti a calpestare i frammenti che punteggiano il terreno. Ci sono voluti dieci mesi per ripulire la stanza viola dalle schegge di vetro e catalogarle tutte. Ora stiamo cercando di mettere insieme i pannelli usando quelli ancora in piedi, ma è un mosaico da milioni di pezzi! È assai difficile rimanere concentrati, anche con la migliore volontà del mondo. Lo sguardo finisce inevitabilmente per fuggire verso le vetrate, trasportando lo spirito nelle sue divagazioni. Maledetto sia Prüs quando insiste per far trasferire tutto in un laboratorio: il vetro è troppo sottile per essere trasportato più di qualche metro, e poi… Tutti coloro che lavorano qui finiscono per affezionarsi ai detriti come se fossero l’anima di questa rovina. Sarebbe straziante rapire i frammenti. Soprattutto i blu, dice Lonora. Io mi sono innamorato dei verdi.
Dioctis di Kosava
Tempio dei Vetri Infranti – Selva dei Sussurri di Maillesa
Primi soffi d’autunno